Luoghi

 

Appunti distratti di viaggio

 

 

 

 

Una piccola sordomuta qui ha ricevuto il dono della parola dalla Vergine. Percepisco ancora l’emozione di quel miracolo del XII secolo, mentre osservo i dettagli di questo luogo antico.

Inizio, per consuetudine affettuosa, dalla lapide dedicata ai Caduti della Grande Guerra. 

 

 

Leggo, con commozione, il testo che precede l’elenco dei nomi di giovani vittime di un secolo fa:

 

 

DA QUESTO TEMPIO

FIDENTI IN DIO E NEI DESTINI DELLA PATRIA

PARTIRONO I FIGLI DI MONTOGGIO

PER LA GUERRA UNIVERSALE

IL 24 MAGGIO 1915

RICORDI QUESTO MARMO

IL NOME DEI CADUTI

PERCHE’

LA LORO SORTE SIA SACRA A MARIA

LA LORO MEMORIA DURI ETERNA

NELLA VENERAZIONE DELLE GENTI

 

19 OTTOBRE 1919

 

 

 

Passo a osservare il risseu

 

 

 

 

 

…e una nicchia rimasta vuota.

 

 

Poco distante un edificio poco distante testimonia un passato industriale, probabilmente la Fabbrica di calce idraulica e cemento Campiglio e Pittaluga (1)

 

 

 

 

 

Mi avvicino alle “Tre Fontane” che si offrono a tutti gli assetati…

 

 

Il passato si racconta nel marmo:

 

 

 

QUI

NEL SECOLO UNDECIMO

A

PASTORELLA SORDOMUTA

APPARVE

LA VERGINE MADRE DI DIO

E

BENEDI’ QUESTE ACQUE

PERCHE’ FOSSERO

SIMBOLO E STRUMENTO

DI GRAZIA E SALUTE

 

 

 

 

 

ARTE

ZELO E RELIGIONE

NELL’ANNO 1914

INNALZARONO

QUESTA EDICOLA

PERCHE’

L’ACQUA TAUMATURGA

DELLA MADONNA

AVESSE

PIU’ DEGNA SEDE

 

 

 

Concludo con uno sguardo devoto alla protagonista del luogo…

 

 

 

 

 (1) LUNARIO GENOVESE compilato dal Signor REGINA e C. per l'anno 1898, Genova, Fratelli Pagano 1897, pag. 350

 

 

 

Per saperne di più:

 

www.chiesadigenova.it/nostra-signora-tre-fontane-montoggio/

 

 

 

 

         Un luogo in cui far riposare i pensieri, amando il silenzio.

 

 

 

Forse è l’inizio di un viaggio, forse è un punto di arrivo. Certamente è un momento unico, come un regalo che arriva dall’alto.

 

 

 

La terra si è fatta tempio e il Cielo è più vicino, e non si può sfuggire.

 

 

 

Forse qualcuno chiede miracoli, per illuminare il buio della vita.

 

 

 

La porta conduce  alla certezza dell’infinito, che la mente non può comprendere.

 

 

 

Le scale sono scomode, ma ogni gradino può diventare preghiera, ricordando un antico salmodiare.

 

 

 

Gli anni non contano più, è sempre il momento perfetto, osservando un panorama sereno.

 

 

 

L’anima dei Benedettini abita ancora qui, quanto si potrebbe imparare da tali maestri…

 

 

 

Certamente passa di qui la strada per liberarsi dagli inganni del mondo, in un eterno presente.

 

 

 

Giorni di vento, di neve o di luglio assolato; quel che conta è restare in contemplazione dell’Invisibile, offrendo sé stessi in un eremo che diventa casa.

 

 

 

Le pietre dell’eremo donano la gioia di dimenticare il proprio nome, senza avere più notizie di chi è rimasto nel mondo e ogni giorno passato avvicina all’abbraccio col Padre.

 

 

 

Ogni storia, vecchia di secoli, risuona ancora per chi ha il cuore di ascoltare.

 

 

 

 

Le paure si disperdono, implorando l’aiuto a Chi dispensa salvezza.

 

 

 

 

Queste mura bastano; il desiderio di conoscere i confini lontani è soddisfatto in poca terra.

 

 

 

 

La vita va oltre la natura, in una pace che la ragione non conosce.

 

 

 

Ogni emozione aspira alla perfezione; anche osservare le stagioni dalla finestra dell’eremo.

 

 

 

Fotografie scattate il 22 settembre 2019

 

 

 

Per saperne di più:

 

www.parcomajella.it/uomo-e-territorio/eremi-e-luoghi-di-culto-rupestri/s-spirito-a-majella/

 

www.eremidellamajella.it/s-spirito-a-majella/

 

 

 

 

 

 

 

 

         Emozioni a Castrum Perticae e Sant’Antonino

 

A Castrum Perticae è come se fossi a casa; un luogo antico per abbandonare tutte le angosce di oggi.

 

La mia più grande soddisfazione nel cammino è incontrare i resti del passato, dove pietre raccontano meraviglie ai fortunati desiderosi di ascoltare.

 

 

 

Che mura spesse! Vorrei rinchiudermi in un castello con simili pareti, e vivere in disparte per poi ricominciare la vita, liberata dal dolore che oggi si insinua in ogni piega dell’anima.

 

 

 

 

Il rudere di questa finestra mi sembra un cuore; arriverà il momento in cui smetterò con queste fantasie, figlie di un delirio angosciante…

 

 

 

In un angolo delle mura mi sembra di vedere un bambino che piange; è rannicchiato come in un grembo materno. Forse mi sbaglio, o forse no.

 

 

 

Qualche passo e mi ritrovo alla chiesa di Sant’Antonino. Vorrei dire tanto su quest’altare che mi ricorda tutti i momenti passati in preghiera, a cui, sono certa, ne seguiranno altri.

 

 

 

Il mondo visto da una feritoia potrebbe bastarmi, sarei protetta da tante angosce che si infilano nella vita tra una crisi e l’altra.

 

 

 

Forse da qui si arriva a una cripta o al nascondiglio di un tesoro. Non ho il coraggio di inoltrarmi. Sarà per la prossima volta.

 

 

 

I resti di una decorazione. Chi l’ha fatta? Mi incuriosisco e, leggeri, certi brutti pensieri svolazzano via…

 

 

Ecco una chiara traccia del passato pronta a liberarmi dalle malinconie:

 

QUESTA CAPPELLA

ROVINATA dal TERREMOTO

IL 23 FEBBRAIO DELL’ANNO 1887

VENNE RICOSTUITA NEL 1889

COL SOCCORSO DEI PII BENEFATTORI

 

………………………..

 

GLI INCARICATI

GATTO GIO. BATTA FU EMANUELE

 

BURLO LUIGI FU VINCENZO

 

 

 

Ma non è finita! Ecco un’altra lettura consolatoria!

 

MARCHIONES CARRETTENSES

INEUNTE SECULO UNDECIMO

SACRAM HANC AEDEM SANCTO ANTONINO

MARTIRI PAMEIE IN GALLIA

DICATAM VOLUERUNT

IN HAC PERVETUSTA ARCE PERTICAE

QUAM FRIDERICUS IMPERATOR BARBAROSSA

IMPERIALIS INVESTITURE DIPLOMATE

PAPIE SCRIPTO

IV IDUS IUNII ANNO MCLXII

CONFIRMAVIT ENRICO GUERCIO DE CARRETTO

UNA CUM CASTRIS

 

QUILIANIS, SEGNI, PIAE ET ORCHAE

 

 

Ecco il passato, insieme alla curiosità, che mi rasserena!

 

 

 

Ancora un dettaglio da osservare e storie da immaginare…

 

 

 

Una finestra in un muro in pietra può stupire per quanto possa raccontare (se si vuole ascoltare!).

 

 

 

Prima di allontanarmi guardo la cappella dell’XI secolo e fisso l’immagine, da ricordare quando sembra non esserci risveglio…

 

 

 

Fotografie scattate il 26 maggio 2019

 

 

 

 

 

 

 

Grazie a un viaggio del tempo mi ritrovo nella località presso Courmayeur.

Ho letto che la parola “Chapy” anticamente aveva il valore di “riparo”, “rifugio”. Ed è proprio un rifugio che si inaugura oggi, 28 giugno 1959. L’evento ha richiamato 250 soci dell’Associazione Alpinistica Giovane Montagna, grazie alla sua sezione torinese che vanta questa nuova Casa Alpina ai piedi del Monte Bianco. Ascolto gli accenti che mi circondano, prevalentemente veneti e piemontesi, fino a quando cala il silenzio e, presso un piccolo altare da campo, inizia la Santa Messa. Celebra Don Rodolfo Reviglio, in suffragio dell’anima del padre Natale a cui il nuovo edificio è dedicato. Siamo tutti emozionati ascoltando le traversie vissute per la costruzione della Casa Alpina che ora è pronta ad ospitarci!

Mi guardo intorno; so che ci sono tanti ospiti illustri ma è un sacerdote ad attrarre la mia attenzione: don Cirillo Perron. Si tratta dell’attuale parroco di Courmayeur; di lui so qualcosa sul passato e sul futuro, grazie vantaggio di viaggiare nel tempo! So che si è tanto impegnato nella protezione di un piccolo ebreo, ospitato in canonica negli anni delle persecuzioni razziali, e anche che nel 1982 festeggerà i suoi 70 anni con la salita del Dente del Gigante dopo aver partecipato, cinque anni prima, a una spedizione in Himalaya.

Alla Messa seguono il taglio del nastro, la benedizione dei locali e un festoso banchetto, mentre si progettano, purtroppo non con ottime previsioni, le gite per l’indomani, lunedì 29 giugno, giorno festivo in onore di San Pietro.

Mi piacerebbe fermarmi ma devo tornare nel mio tempo dove, sono certa, incontrerò i discendenti – nella carne o nello spirito - di quanti ho conosciuto oggi.

 

 

 

Per saperne di più:

 

www.giovanemontagna.org/public/files/articoli/ANNO%2045%20n%202%20Aprile%20Giugno%201959.pdf

 

Berton R., Toponymie Valdôtaine Courmayeur, Aoste 1979

Segre G., Don Cirillo e il nipotino, Fusta Editore 2012

Careggio A. M., Le clergé valdôtaine de 1900 à 1984, Tipografia Valdostana, 1985

 

 

         In cerca di tracce d’emigrazione in Liguria

 

A Casanova, frazione di Varazze (Savona)

 

         Lungo un sentiero tre varazzini residenti in California hanno scelto di onorare un illustre compaesano di tanti secoli prima; infatti dal 1950 un cippo monumentale ricorda il beato Jacopo da Varagine.

 

  

A Torriglia (Genova)

Nel cimitero vecchio riposa Luigi Cardinale (1848-1930) “nato e cresciuto ad Orcesi” che “operò onestamente nelle Americhe” e “trascorse gli ultimi anni a Torriglia”.

 

 

A Soglio, frazione di Orero (Genova)

 

         La chiesa di San Michele conserva, murata in una parete esterna, una lapide che nomina un luogo lontano: Boston. Si tratta di un ringraziamento rivolto ai conterranei lontani che nel 1903, sentendosi sempre parte della comunità parrocchiale, hanno contribuito al restauro della chiesa.

 

 

 

 

A Orero, frazione di Orero (Genova)

 

         Poco distante un’altra lapide, datata 1933, fa memoria della generosità di chi ha donato una scuola al paese d’origine.

 

 

A San Colombano, frazione di Cogorno (Genova)

 

         Un evento tragico, la Grande Guerra, ha seminato morte anche in Liguria, come ricordano lapidi e monumenti ai Caduti sparsi nel territorio. Uno di questi, nella frazione di San Colombano nel comune di Cogorno, proprio davanti alla chiesa del paese, fu innalzato anche grazie ai conterranei d’America.

 

 

 

A Zoagli (Genova)

 

         Nel 1859 un’alluvione ha distrutto il cimitero che fu poi ricostruito, anche con l’aiuto degli Zoagliesi emigrati in Sud America come ricorda una lapide.

 

 

         Restando nel cimitero della località capoluogo, dedicato a San Michele, si può visitare la tomba di Nicola Canale, nativo di Buenos Aires e deceduto, quasi sessantenne, a Zoagli nel 1921.

 

 

 

 A Sant’Ambrogio, frazione di Zoagli (Genova)

         Al cimitero si può incontrare un’emigrata “di ritorno”: Caterina Pendola Gneis, nata a New York nel 1878 e morta a Sant’Ambrogio nel 1915.

 

 

A Castiglione Chiavarese (Genova)

 

         Un’altra chiesa che, avendo bisogno di restauro, ha ricevuto nel 1951 un contributo dai Castiglionesi residenti in California.

 

 

 

A Monterosso al Mare (La Spezia)

 

 

         Giuseppe Garibaldi, l’”eroe dei due mondi”, è rappresentato in una piazza del borgo delle Cinque Terre, un omaggio ai suoi compaesani da parte di Agostino Desimoni dalle “lontane Americhe” nel 1884.

 

 

         Poco distante una lapide ricorda che nel 1950 un monterossino residente a Guayaquil (Ecuador) ha regalato ai confratelli le porte nuove dell’oratorio, in memoria della madre.

 

 

 

 

 

 

 

Al Santuario di Nostra Signora di Soviore, presso Monterosso al Mare (La Spezia)

 

 

          Due targhe ricordano contributi, provenienti da Buenos Aires, per la costruzione e il restauro della foresteria negli anni 1909 e 1927.

 

 

 

 

 

 

 

A Manarola, frazione di Riomaggiore (La Spezia)

 

 

Presso la chiesa parrocchiale di Manarola un’opera d’arte, raffigurante l’incoronazione della Vergine, ricorda di essere un dono al paese d’origine da parte dello scultore Angelo Rollandi (Buenos Aires 1911-1974).

 

 

 

 

 

 

 

 

Per saperne di più:

 

 

https://www.ivarchineltempo.it/index.php/component/content/article/argomenti-emigrazione?catid=2&highlight=WyJhcmdvbWVudGkiXQ==&Itemid=101

 

 

 

 

 Ultimo aggiornamento: 18 marzo 2023

 

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